sabato 19 marzo 2011

I Monti della Sibilla nella Marca. Uno straordinario bagaglio di cultura fantastica nel cuore dell'Italia


Sul sito fantasymagazine.it, il più importante organo per la diffusione della cultura fantastica in Italia, è apparso di recente un articolo di Cesare Catà, dal titolo: "I Monti della Sibilla nella Marca. Uno straordinario bagaglio di cultura fantastica nel cuore dell'Italia". L'articolo prende in esame lo straordinario bagaglio di cultura leggendaria e di tradizioni fiabesche popolari che fa dei Monti Sibillini un luogo unico in Italia. Grazie alla grande visibilità ricevuta nel principale Magazine fantasy italiano, le leggende dei Sibillini stanno suscitando un vivo interesse, tra gli appassionati di cultura fantasy e non solo. "I Monti della Sibilla -scrive Catà - sono un tesoro: un tesoro paesaggistico e culturale che rendono unica, per la loro bellezza e la loro storia, la nostra terra. Essi devono essere studiati e valorizzati per aprire nuove frontiere scientifiche, nonché turistiche".

Nell'articolo, vengono esaminate le leggende relative alla Dea-Sibilla, alle fate campagnole, ai folletti Mazzamurelli, alla morte di Pilato nel lago, all'Infernaccio, il tutto sullo sfondo di studio della "cultura del fantastico". L'articolo traccia un parallelismo tra le leggende celtiche e norrene, da cui Tolkien trasse il materiale per Il Signore degli Anelli, e le leggende dei Sibillini.

Queste tematiche, formalizzate nell'articolo, sono state prese in esame da Catà in una serie di conferenze svolte nei mesi scorsi sul territorio: nel Convegno di Montefortino con Vittorio Sgarbi dedicato a Fortunato Duranti, così come ad Amandola nell'intervento "Incanti del Piccolo Popolo. Fate e Folletti tra l'Irlanda e i Sibillini" e all'interno del Festival Golosaria, con la conferenza: "Un boccale tra Elfi e Fate".

L'articolo è liberamente consultabile all'indirizzo:
http://www.fantasymagazine.it/rubriche/11433/i-monti-della-sibilla-nella-marca/

giovedì 17 marzo 2011

Cecco d'Ascoli: un film mai uscito in Italia.


DER WILLE DER STERNE

Italien 1327. Der aufgeschlossenen Naturwissenschaftler und Astrologe Cecco d'Ascoli wird zum Berater des Herzogs von Florenz ernannt. Eine Entscheidung, die bei den bisherigen Günstlingen des Hofes Neid und Hass hervorruft. Da man dem begnadeten Wissenschaftler aber auf seinen Fachgebieten kaum Paroli bieten kann, werden - unter Mitwirkung eifriger Inquisitionswächter und ihrer willigen Vollstrecker - die mögliche Blasphemie seiner Lehren und privaten Vergehen zur Diskreditierung und Verurteilung Ceccos bemüht. Während der Gelehrte mitsamt seinen Schriften öffentlich verbrannt werden soll, versucht sein junger Freund Paolo wenigstens Cecco's Hauptwerk für die Nachwelt zu retten.

LA VOLONTA’ DELLE STELLE

Italia 1327. Lo scienziato di mente aperta e astrologo Cecco d'Ascoli è stato nominato consigliere del Duca di Firenze. Una decisione che produce tra i preferiti di Corte, tra cui Dino Del Garbo, invidia e odio. Cecco è uno dei maggiori scienziati di talento del suo tempo, ma nelle aree di sua competenza difficilmente può resistere ad accuse di bestemmia ed eresia dei suoi insegnamenti che gli vengono mosse dagli zelanti custodi dell'Inquisizione e dai suoi volenterosi carnefici. Mentre il destino dello studioso è quello di essere bruciato pubblicamente insieme alla sua scrittura, il suo giovane amico Paolo cerca almeno di salvare per i posteri gli scritti e la memoria di Cecco.

Regia: Piero Maria Benfatti
Attori: Tobias Moretti, Toni Bertorelli, Ennio Fantastichini, Remo Girone, Nicole Grimaudo, Roberto Gianni Musi, Marco Di Stefano
Editore: Ascot Elite
Data di produzione: 19 aprile 2007

Le Fate Sibilline

Il Paradiso della Regina Sibilla


“Tresexcellente et trespuissante princesse et ma tresredoubtee dame, madame la duchesse de Bourbon et d’Auvergne , contesse de Clermont, de Fourez, et dame de Beaujeu, etc. ».

Così Antoine de La Sale inizia il racconto del suo viaggio alla Grotta della Sibilla, effettuato nel 1420 per adempire ad una promessa fatta alla principessa francese, la quale in un suo arazzo aveva una diversa rappresentazione dei Monti Sibillini.

L’autore, che inizia il suo percorso da Montemonaco, descrive con meticolosità il luoghi che vede, i sentieri, le sorgenti, le rocce ed anche la vegetazione. In particolare fa una descrizione accurata di due piante: il polibastro e la centofoglie che, assicura, ha proprio cento foglie e possiede, secondo quello che dice la gente del luogo, numerose virtù.

Lo scrittore francese afferma che lui non è entrato nella grotta, forse per paura o forse perchè riteneva che non fosse corretto entrare in un paradiso dalla fama demoniaca, ma ne descrive dettagliatamente l’ingresso. Dice che davanti c’è una roccia e a colui che vuole penetrare nella grotta tocca chinarsi assai ed entrare a carponi, scendendo a ritroso, i piedi in avanti, fino a una cameretta tutta quadrata , alla destra del pertugio, dove tutto attorno dei sedili sono intagliati nella roccia.

Il racconto in certi punti si fa romanzato perché Antoine de La Sale riporta le leggende sibilline riferite dalla gente del luogo alle quali lui dice di non credere. Tra le altre racconta: -le avventure di cinque uomini che entrarono nella grotta e camminarono per diverse miglia fino a quando terrorizzati dal vento spaventoso, dal ponte pericoloso, dal fragore del fiume e dai dragoni decisero di tornare indietro;

Le dicerie di un prete alquanto fuori di testa che narra del percorso effettuato da due cavalieri tedeschi all’interno della grotta, tra l’altro afferma di averli accompagnati fino alle porte metalliche che sbattono senza posa e, dato che questi avventurosi non sono più tornati indietro, di averli inutilmente attesi per una mezza giornata;-

Le vicissitudini di un altro cavaliere tedesco e del suo scudiero che raggiunsero il paradiso della Regina Sibilla, vissero con le damigelle trecento gioiosi giorni e proprio all’ultimo minuto riuscirono ad uscire, andarono dal papa a chiedere il perdono e non avendolo ottenuto decisero di rientrare nella grotta;-la trasformazione in serpi della Sibilla e delle sue dame.

Invece una cosa vera, che lui testimonia, è la presenza, nelle pareti della saletta posta all’ingresso della grotta, delle firme di precedenti famosi visitatori.

Questa opera letteraria avente come titolo originale “Le Paradis de la reine Sibylle” non ha avuto la fortuna del “Guerrin Meschino” e pertanto necessita di una rivalutazione, oltretutto perché è il racconto di un viaggio vero fatto dal De La Sale con sudore e fatica.

L’autore ha lasciato due manoscritti relativi al racconto del suo viaggio, uno è conservato nella Biblioteca Reale di Bruxelles e presenta il testo come quarto libro della “Salade” e l’altro, contenente la dedica ad Agnese di Borgogna, si trova nella Biblioteca del Museo Condé di Chantilly.

Giuseppe Matteucci
Pres. Associazione "La Cerqua Sacra"
Cultura Popolare Sibillina

Fate Sibilline e battaglia del Sentino


Ci sono molte leggende, probabilmente storie vere, che parlano delle fate sibilline, ci sono due grotte delle fate, una sul monte Sibilla e una sul Vettore, ci sono due detti popolari (“belle come le fate ma con le zampe come le capre”e “do’ jimo a piantà Maggiu”) che provengono dalle fate, ci sono i sentieri delle fate, le fontane delle fate, i cerchi delle fate ed anche le luci fatate.

Un’infinità di circostanze che confermano la presenza di queste donne sui Monti Sibillini. La tradizione ci ricorda ancora adesso che erano donne bellissime e sessualmente disinibite, che amavano le danze e scendevano spesso a valle per ballare il saltarello con i giovani locali. La gente si è sempre chiesta, senza mai ottenere risposte, chi fossero queste donne e quale fosse la loro provenienza.

Oggi la risposta è arrivata: le fate sibilline sono donne celtiche, come le anguanes alpine, e sono giunte sui Monti Sibillini dopo la battaglia del Sentino. La battaglia del Sentino, combattuta nel 295 a.C. nelle zone di Sassoferrato-Camerimo, fu una guerra tremenda con molto sangue versato: lo testimonia ancora adesso il fiume Sanguerone, fiume tinto di sangue.

Le legioni romane in campo furono guidate dai consoli Publio Decio Mure e Quinto Fabio Massimo Rulliano. Il fronte antiromano comprendeva i Celti comandati dai Senoni e una coalizione di popoli italici tutti nemici di Roma. Il comandante della coalizione antiromana fu Gellio Egnazio che morì per difendere le sue truppe.
Anche il console Publio Decio Mure perse la vita nella battaglia.

Purtroppo nelle lotte corpo a corpo di Sassoferrato e dintorni non morirono solo i comandanti, persero la vita anche moltissimi combattenti subalterni. I Celti, così descritti da Tito Livio “Corporature imponenti, chiome fluenti e dipinte di rosso, grandi scudi e spade lunghissime; e poi i canti di chi inizia la battaglia, le grida e le danze selvagge, il fragore pauroso delle armi quando agitano lo scudo secondo le loro usanze patrie. Sono tutte cose attuate di proposito per generare terrore” , nella battaglia del Sentino furono sconfitti in maniera brutale, persero la vita circa 30.000 guerrieri (c’è chi parla di 50.000) e circa 10.000 furono fatti prigionieri.

Alcuni membri appartenenti alle tribù celtiche, tra di essi i druidi, per salvare la vita si diedero alla fuga nascondendosi nei boschi marchigiani (divenuti poi i famosi boschi sacri celtici, tagliati all’avvento del Cristianesimo ed oggi sostituiti dalle chiese della Madonna della Quercia e dagli agglomerati urbani chiamati Cese e Ceselli).

Migliaia e migliaia di donne celtiche, rimaste senza compagni, fuggirono sulle montagne.
Le tracce celtiche presenti sulle zone sibilline, misteriose fino a qualche anno fa, ora hanno una spiegazione.

Come è stato possibile non averci pensato prima alla battaglia del Sentino?

Giuseppe Matteucci
Pres. Associazione
"La Cerqua Sacra"
Cultura Popolare Sibillina